Dall'arte di costruire all'arte di governare

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Tecnica e politica:

Arte primitiva del raccogliere acqua
Tecniche elementari di approvvigionamento idrico
Arte imponente dell'incanalare
Arte sapiente del governare
Tecnica costruttiva al massimo livello

Arte primitiva del raccogliere acqua: incubo della sete e ingegno aguzzato

"Per cogliere e raccogliere ci vogliono recipienti. I popoli primitivi di cui abbiamo conoscenza sono tutti esperti nell’intrecciare cesti e sacchi da trasporto di diversi tipi di fibra, compresi radici, cortecce e capelli. Siccome quest’arte non richiede alcuno strumento, si può risalire molto indietro nelle storia dell’uomo. Portare radici e bacche è abbastanza facile, ma un elemento ancora più vitale presenta gravi problemi di trasporto: vale a dire l’acqua. I primati sub-umani bevono dove l’acqua scorre. Solo l’uomo se la porta dove vive… In Australia, dove le sorgenti sono assai rare, gli aborigeni portavano l’acqua in truogoli di legno appena incavati che, probabilmente, facevano più fatica a fabbricare di qualsiasi altro strumento… Nell’Africa del sud i boscimani tenevano l’acqua in gusci di uova di struzzo nei punti del deserto dove ne avrebbero avuto bisogno durante la caccia Nella Terra del Fuoco gli indiani canoe (yahgans) portavano con sé l’acqua in recipienti a forma di secchi fatti di corteccia di faggio cucita e dipinta in rosso, e gli indiani foot (ona) usavano sacchi di pelle di guanaco tinta nello stesso modo".

Carleton S. Coon

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Tecniche elementari di approvvigionamento idrico: piccoli impianti per brevi tragitti

"Nell'antico Medio Oriente, presso gli egizi e gli assiro-babilonesi, era il semplice shaduf (un bilanciere con bracci diseguali e contrappeso) il sistema in uso per estrarre e trasportare l'acqua, sia pure entro un'area limitata. E' una tecnica piuttosto elementare del tutto, o quasi, in disuso; altre, ugualmente antiche, vengono tuttora sfruttate. L'esempio più rilevante e' probabilmente quello del saqiyeh, chiamato anche noria egiziana, trainato da un animale (il cammello, l'asino, il cavallo, il bue) che, camminando in circolo, muove una ruota orizzontale che, a sua volta, fa girare una ruota verticale immersa nell'acqua alla quale sono fissati dei secchielli che la tirano su".

Paola Guidi

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Arte imponente dell'incanalare: funzionali contenitori d’acqua per la comunità

"Accanto a... piccoli impianti quasi domestici venivano costruiti imponenti acquedotti che, in Mesopotamia, ancor prima che nell’antica Roma, portavano l'acqua alle città mediante condutture protette. In Palestina l'acqua del Siloe (700 a.C.) arrivava sino a Gerusalemme grazie a tubazioni scavate nella roccia per oltre cinquecento metri. L'antica Grecia era servita da acquedotti con molti chilometri di condutture fittili o di condotte scavate nella roccia. Il più celebre era quello progettato e costruito a Samo, cinque secoli prima di Cristo, dal grande architetto Eupalino. Particolarmente suggestivo per l'impatto scenografico era quello di Kephissia, in parte installato su armoniose grandi arcate e in parte posto su condutture esterne, a terra. La città probabilmente più ricca d'acqua era Siracusa, rifornita addirittura da più acquedotti... che erano veri capolavori di ingegneria idraulica, con cunicoli scavati nelle rocce, pozzi di aerazione e numerose gallerie di servizio per tutti gli interventi di manutenzione".

Paola Guidi

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Arte sapiente del governare: politica di tutela delle acque

"Ovviamente, l'acqua incanalata e condotta nelle città attraverso enormi sforzi doveva essere protetta. Si crearono così le prime "squadre di polizia delle acque" a cui appartenne lo stesso ateniese Temistocle. Il magistrato delle acque aveva compiti di sorveglianza e applicava leggi e norme, codificate già da Solone e ricordate da Aristotele nel «Resp. Atheniens. 43, I» e da Platone nelle «Leggi, VI 763». Contrariamente a quanto avviene oggi per proteggere l'acqua, la legislazione greca di allora fu straordinaria, tanto che essa prevedeva severissime sanzioni per chi la alterava, sporcava o sprecava. Quella greca fu dunque una politica di prim'ordine a cui si ispirarono molte altre civiltà, compresa quella romana, che costruì i più grandi acquedotti e le maggiori reti idrauliche che la storia dell'umanità ricordi".

Mario Schiavone

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Tecnica costruttiva al massimo livello: Roma capitale delle acque

I Romani realizzarono in tutta Europa eccezionali acquedotti che, restaurati nei secoli, dopo lunghi periodi di incuria, conservano inalterata la loro funzionalità.

Alla costruzione degli acquedotti, che iniziata nel 312 a.C. proseguì ininterrottamente per diversi secoli, si accompagnò un diritto pubblico delle acque complesso.

A Roma la Fontana dei Fiumi, in Piazza Navona, è ancora oggi alimentata dall’acquedotto Vergine, l’unico acquedotto romano costruito in sotterranea.

"Non è facile retorica l’affermare che la nostra civiltà abbia ancora non poco da imparare da quella antica: la cura e lo sfruttamento del patrimonio idrico è un esempio di certo non trascurabile e il caso particolare della città di Roma rappresenta un momento emblematico. Basti dire che il sistema di approvvigionamento d’acqua della capitale riforniva la città, tra il I e il III sec. d. C., di ben 13 mc. d’acqua il secondo, pari a circa 1.123.000.000 di litri nelle 24 ore… È del 311 a. C. l’inaugurazione del primo acquedotto al quale fecero seguito, tra il II a. C. e il III d. C., altri dieci… Gli 11 acquedotti provvedevano al fabbisogno di un numero enorme di impianti pubblici: 11 grandi terme, 856 bagni, 15 fontane monumentali, 2 naumachie, 3 laghi o piscine e dalle 1.204 alle 1.352 fontane. Oltre all’utilizzo pubblico e a quello proprio della casa imperiale, bisogna riscontrare che Roma fu una delle prime, se non la prima, città al mondo ad avere acqua distribuita nelle case private, il che, comunque, avveniva per concessione di privilegi imperiali, per deduzione da condotti e fontane a determinate condizioni, o per prelievo diretto dell’acqua in eccesso a volte anche in maniera abusiva.

Accanto all’acqua affluente nell’Urbe in così copiosa e organizzata quantità si presentava il problema del deflusso e dello smaltimento. Anche qui l’ingegneria idraulica romana nel corso dei secoli si rivelò degna delle opere pubbliche moderne. Il sistema fognante di Roma diventò una impressionante sequenza di condotti, più o meno grandi, e di vere e proprie gallerie, la cui lunghezza complessiva arrivò a superare i 5.000 km. In realtà quest’opera è ben più antica dei primi acquedotti e la sua iniziale realizzazione fu dovuta alla necessità di drenare l’acqua dei vasti e malsani acquitrini esistenti un po' in tutto il territorio. Ma la capillarità fu tale che rispose in seguito alle diverse esigenze igieniche proprie di una metropoli così urbanisticamente complessa. La famosa Cloaca Maxima, ad esempio, ha più di 2.500 anni di messa in opera e le misure, che raggiungono i 4,20 m di altezza e 3,20 di larghezza, la rendono un grosso manufatto ancora oggi perfettamente funzionante, tanto da essere stato integrato, per il tratto terminale, nella rete della moderna fognatura della capitale. La cura che i Romani mettevano nella costruzione delle fogne è dimostrata dalla ruota detta della Bocca della Verità che costituiva un chiusino di un pozzetto di fogna".

Paolo Babudri

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1998-99   I.T.C.S. "Jacopo Barozzi" MO    gruppo interclasse M.C.A.   prof.ssa Laura Bortolani

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