Archeologia industriale:

Uno sport moderno
Nel mezzo secolo dei cambiamenti più rapidi, il nostro, niente è più in voga del mettere sotto archivio il recente passato. Presto, prima che sparisca. Ogni dieci anni ci ritroviamo a chiudere e impacchettare il decennio precedente. Gli anni cinquanta, poi gli anni sessanta, poi i settanta... Ancora non abbiamo musealizzato gli anni '80. Ma la storia degli stili e delle mode imperversa. La storia del rock. La storia dei Beatles. Tutto inizia dall¹ultimo frenetico dopoguerra, ricordate? La guerra? E chi se la ricorda più? Roba d'altri tempi, roba da film. Invece il modernariato è uno sport diffuso, piacevole e praticato. Modernariato: la ricerca dei tempi e degli oggetti moderni, che stiamo appunto per perdere. In confronto l 'archeologia classica è una cosa seria, da archeologi. Ha salvato le cose che doveva salvare. Ha i suoi specialisti e i suoi musei. Missione compiuta. Ma l'archeologia moderna? E l'archeologia industriale? E i musei all'aria aperta? Non sono quelli, i più recenti, i più a rischio? Ecco uno sport moderno!

Noi moderni, giovani in fuga e in caccia del passato.
Ebbene sì, noi ci stavamo riuscendo. Ogni generazione ci ha provato. Noi però ci siamo arrivati più vicino. Noi sì abbiamo fatto, quasi, piazza pulita. Non dover essere più figli di nessuno. Non avere precedenti. Siamo noi, i veri post. Al massimo, siamo figli del nostro decennio. In questo sta la nostra modernità. Ci siamo evoluti così rapidamente da far perdere le tracce. A volte cancellate apposta. Ed ora siamo addirittura post-moderni. Siamo noi i più titolati a volgerci senza complessi verso il recente passato. Possiamo guardare e prendere la mira con occhio sereno. Ferite non bruciano. I nostri padri e i nostri nonni li abbiamo dimenticati, rimossi e perdonati. Fino in fondo? O c'è qualcosa che ancora vibra in fondo nella memoria di un giovane? Cosa cerca, perché si volta indietro, cosa vede? Perché fruga nelle città?

I resti di una rivoluzione.
Malgrado la fretta quotidiana, qua e là, nella città, pezzi della storia ci aspettano. Affiorano trappole, pezzi da museo: rebus. Fabbriche fantasma, relitti di navi naufragate, assenza di equipaggi, capannoni galleggianti nel vuoto, finestre senza vetri, orbite spalancate. Rovine, ma non è Ostia Antica. Qualcuno le ha chiamate: i resti di una rivoluzione. Non sono i resti dell'impero romano. Sono i resti di una rivoluzione industriale. Di quale? Varie dinastie si sono succedute. Prima, seconda, terza dinastia industriale. Ognuna con i suoi palazzi, templi, riti. Le sue invenzioni, i suoi mestieri. Storia delle invenzioni. Vapore. Gas. Elettricità. TV. Energia nucleare. Microelettronica. Informatica. Telecomunicazioni. Dal 1800 fino ad oggi: to day. Sembra storia della tecnica. Ma è anche storia di persone, di quartieri e di città. Storia del lavoro. Il modo di vivere di milioni e milioni di persone. La storia del modo di vivere, dai nostri nonni fino al nostro.

Tentare un dialogo tra generazioni, esercitare la memoria.
Visitando i luoghi dei nonni, è possibile un dialogo tra noi e loro? A questo punto gli equipaggi ritornerebbero. E tra loro, qualcuno che conosciamo, o che dovremmo conoscere. Per parlare con i nonni non è necessario recarsi in soffitta e rovistare negli album di fotografie. Esistono soffitte pubbliche, nei quartieri della città. Case, capannoni, fabbriche, ora vuote, che i nostri nonni hanno costruito, popolato, guidato. Oggi è cambiato il modo di lavorare, questi edifici non servono più. Essi ora sembrano spopolati, naufragati, persi. In realtà riposano. Aspettano. Chi gli può restituire senso e funzione? Chi li può trarre dall'oblio? Non certo Fata Morgana. Forse Lupo Cattivo. E perché non i Nipotini: Qui, Quo, Qua. Chi arriverà prima?

Salvate i nonni, cari nipoti: fotografate, ricordate, recuperate.
Prima che Lupo Cattivo arrivi, prima di noi, dovremmo almeno capire questo. Sotto la sigla Archeologia Industriale qualcosa ci lega profondamente alle parti dismesse della città. E' una eredità che riceviamo dai nonni. Il loro modo di lavorare e di vivere. Che vogliamo farne? Non fare niente è perdere. Vogliamo cancellare? Vogliamo recuperare? Vogliamo documentare? Vogliamo riutilizzare? E' una eredità, che a nostra volta lasceremo ai nostri nipoti. Che tipo di città recente troveranno? Si faranno una idea di noi? Troveranno messaggi? O vorranno anch'essi cancellare le tracce (nostre) deludenti? Ma qui il discorso cade pesantemente sull'oggi. In che città vogliamo vivere noi?

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