Vrtti OperaSalvatore Provino

Nato a Bagheria nel 1943, vive e lavora a Roma.

Tra la rappresentazione di un soggetto e la costruzione di un oggetto pittorico dotato di assoluta autonomia, Provino ha scelto da tempo una strada intermedia, che lo apparenta ad artisti di epoche e tendenze diverse: la strada di fissare le tracce di un evento lasciando all'osservatore il compito di ricostruirlo o di ignorarlo a seconda che si accontenti o no di verificare la raggiunta qualita' della tecnica e della materia pittorica.
Così facendo, dedicandosi alle impronte lasciate da ciò che è stato su una materia sensibile che è anzitutto la tela - ma che è in seconda istanza la memoria dell'artista e la capacità fantastica dell'osservatore - Provino esplora il rapporto tra l'essere e il nulla, tra l'esserci stato di un corpo o di un evento e il non esserci più, se non attraverso le tracce, gli indizi, le orme negative che potrebbero consentirci di rievocare o forse addirittura di ripossedere ciò che è assente.
Leonardo, da quell'insuperabile osservatore del mondo visibile che è stato, ci ha lasciato sul problema dell'<<essere nulla>> riflessioni illuminanti che ci aiutano a capire la condizione in cui Salvatore Provino si pone in questa dialettica tra il visibile e l'invisibile.
<<Quello che è detto niente - scrive Leonardo - si ritrova solo nel tempo e nelle parole: nel tempo si ritrova infra il preterito e 'l futuro, e nulla ritiene del presente: e così che non sono o che sono impossibili>>.
La sparizione dell'immagine che ha impressionato la nostra retina precede il formarsi dell'immagine mnemonica: tra questi due momenti della percezione si insinua l'<<essere del nulla>> una sorta di buco nero astronomico, di intervallo vuoto, di pausa, che appartiene soltanto alla nostra mente.
Ciò che interessa Provino però non è la tabula rasa, il non essere; ma ciò che viene prima e dopo: il momento della sparizione e il ritorno della immagine nella forma del ricordo.
Per questo le sue figurazioni emergono da un'ombra che si rompe, da uno sfondo che si illumina e non sono mai descrizioni, ma <<aure>>, che, avendo avvolto un oggetto, sono in grado di suggerirlo senza perdere la loro trasparenza, la loro avvolgente concavità.
Così Provino può lavorare con lo spazio senza adoperare il volume, può intrecciare cavità senza disegnare dei corpi.
Lo spazio interno diventa, come per l'architettura organica, il dato essenziale del comporre la sua condizione d'essere.
<<Infra le cose grandi che infra noi si trovano, l'essere del nulla è grandissima. Questo risiede nel tempo, e distende le sue membra, nel preterito e nel futuro, co le quali occupa tutte l'opere passate e quelle che hanno a venire, si di natura come delli animali, e niente possiede dello indivisibile presente. Questo non s'estende sopra l'essenzia d'alcuna cosa>>.
Così Leonardo approfondisce la sua riflessione sul nulla e ci offre altri appigli per seguire Provino nelle sue esplorazioni, esplorazioni a luci spente dove non c'è lume universale, non ci sono raggi che provengano da una sorgente precisa, c'è una luminosità intrinseca rimasta impigliata nelle impronte, nel ricorso delle cose.
La luce del presente se n'è andata e rimane il rovello di mettere in comunicazione passato e futuro sottraendoli all'invisibile ma senza privarli di quella ammirevole componente oscura che è <<l'essere del nulla>>, questa cosa grandissima tra quelle che <<infra noi si trovano>>.
L'ultima pittura di Provino mi appare, letta attraverso questa chiave leonardesca, un momento di ricerca intensa e coinvolgente, ancorchè pessimistico, assistito da una tecnica giunta felicemente all'approdo della maturità, un momento che ci decrive un'antica angoscia che solo il fare può in qualche modo alleviare.
<<L'acqua che tocchi dei fiumi e l'ultima di quella che andò, e la prima di quella che viene: così il tempo presente>>.
Ancora una volta la pittura riceve impulsi e acquista profondità per via del sentimento del tempo.
Paolo Portoghesi

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