Archimede

Archimede, soprannominato pitagorico perché allievo di Pitagora, (287?- 212 a.C., Siracusa) riflettè a lungo sulle concezioni aristoteliche del moto,
tanto che si narra come galleggiando nella sua piscina a Siracusa ad un tratto
esclamasse: "Eureka".
Sentendosi, infatti, sospingere verso l'alto dall'acqua
su cui galleggiava, capi come l'idea di Aristotele - che le cose si muovessero
nella ricerca del loro posto naturale - dovesse essere rivista.
Se un legno od un sughero cadono nell'aria, ma salgono a galla nell'acqua, la direzione del loro moto non è naturale, ma relativa al mezzo in cui il moto avviene: la direzione del movimento veniva così a dipendere dal fatto che se la resistenza (R) del mezzo era maggiore della forza-peso (F), il corpo veniva sospinto verso l'alto, mentre nel caso contrario scendeva verso il basso.
Ciò significa che l'equazione della velocità del moto per Archimede doveva essere riscritta come: V=F-R.
Questa formulazione ha inoltre il vantaggio di spiegare come mai una forza troppo piccola (inferiore alla resistenza), non riesce ad imprimere alcuna velocità ad un corpo pesante.