I lavori del futuro

Uno scenario in continua trasformazione

Le nuove professioni del Duemila, nell'epoca della globalizzazione e dei grandi cambiamenti monetari legati all'euro, sfuggono a qualsiasi classificazione tradizionale. L'espressione, peraltro molto generica, che sociologi ed economisti usano correntemente per riferirsi a queste attività in continua trasformazione è quella di "lavori atipici".

"Oggi" spiega il sociologo Aris Accornero "all'insegna della qualità totale e della competizione globale, la tecnologia diventa flessibile e le aziende si fanno snelle, per cui il mondo del lavoro si diversifica in una varietà di forme, di modalità, di tempi e di rapporti: dal Lavoro con la maiuscola si passa ai lavori". E tutti concordano nel ritenere che proprio questi lavori, attualmente senza nome, saranno la ricetta del futuro per risolvere, o quanto meno ridimensionare, il problema della disoccupazione. Per il semplice motivo che hanno tutte le caratteristiche giuste per avere successo: creatività, flessibilità, autonomia, conoscenza, capacità di aggiornamento.

Leonello Tronti, professore di scienza delle finanze alla Luiss e segretario della Fondazione Giacomo Brodolini, spiega che "in futuro sfonderà chi riuscirà a trasformarsi in imprenditore di se stesso", e ha recentemente consegnato alla Unioncamere e al Ministero del Lavoro una ricerca sull'occupazione per professioni: un'indagine previsionale sulle tendenze del mercato del lavoro nei prossimi due anni (vedi tabelle in calce).

Anche Aldo Bonomi, direttore dell'Istituto di ricerche sociologiche Aaster e consulente del Cnel, è dello stesso avviso quando ipotizza che "stiamo entrando nell'era del capitalismo molecolare, un capitalismo che sta generando una galassia di microimprese individuali". Solo nel terzo trimestre del 1997 sono state iscritte nel registro delle Camere di commercio 67.387 società, di cui il 51% individuali. Altro dato significativo riguarda la percentuale di lavoratori autonomi, che ha ormai raggiunto il 50% del totale degli occupati.

Da un'indagine dell'Ires-Cgil emerge poi una sorta di identikit del lavoratore atipico: età media 30/35 anni, lavora in genere come amministratore di enti e società, venditore, consulente, docente-formatore, informatico, istruttore sportivo; ha una competenza specifica in qualche campo, spesso in più di uno; cambia spesso lavoro, passando da un settore all'altro; guadagna intorno ai due milioni al mese (70%), dai tre ai cinque milioni (9%), più di cinque milioni (3%); spesso si divide tra due o più attività, ma non ha nessuna tutela, né previdenziale né sindacale.

Negli ultimi due anni questi lavoratori senza nome sono aumentati, secondo il Censis, del 17%; superando abbondantemente il milione, cifra questa destinata ad aumentare, soprattutto nel settore dei servizi alla persona, dalle necessità delle famiglie all'impiego del tempo libero.

Dove andrà bene?

Indipendenza, creatività, flessibilità. E soprattutto competenza, in uno o più settori, unita a una formazione medio alta. Chi avrà queste caratteristiche in futuro troverà lavoro più facilmente.

Nelle tabelle, ecco come andrà, mestiere per mestiere.

LAVORO AUTONOMO

LAVORO DIPENDENTE

Avvocati, commercialisti, consulenti fiscali

Turismo. Sport. Attività ricreative e culturali. Insegnamento delle lingue ed arti varie.

Psicologi e sociologi

Sanità. Servizi pubblici e sociali.

Grafici, programmatori, ragionieri, intermediari finanziario-assicurativi, addetti ai servizi alle imprese e alle famiglie

Servizi alla persona (pulizia, assistenza, ecc.)

LE CATEGORIE "PRIVILEGIATE"

DIRIGENZIALI 18,5%

QUALIFICATE * 4,9%

TECNICHE ** 4,7%

IMPIEGATIZIE 2,6%

* Specialisti laureati

** Tecnici diplomati del post-obbligo o di laurea breve