Dai buchi neri alle prime cellule.
Itinerari di Astronomia

 
 
LA SFERA CELESTE
  di Caterina Rocca VC
 
Magnitudini Stellari Apparenti
Costellazioni
Coordinate Celesti
 

Forse un giorno l'uomo potrà viaggiare per l'universo, ma per ora resta legato alla Terra; anche i viaggi sulla Luna hanno coperto distanze insignificanti dal punto di vista astronomico. Tutte le osservazioni restano pertanto geocentriche e soltanto le teorie possono fare riferimento a un centro diverso dalla Terra (per esempio, il Sole nella teoria eliocentrica).  Tutte le. osservazioni hanno per oggetto i diversi punti di quella cupola, simile a una semisfera e limitata al cerchio dell'orizzonte, che prende il nome di "cielo".
Fino al 1609 l'unico mezzo di osservazione per l'uomo è stato l'occhio: in quell'anno Galileo Galilei ha puntato verso il cielo il primo cannocchiale e nello stesso secolo ,nel 1688, Newton .prima di formulare la teoria della gravitazione universale , ha costruito un moderno telescopio a riflessione, che gli valse la nomina a membro della Royal Society. . Poi sono stati costruiti cannocchiali e telescopi via via migliori come lavorazione, più grandi come diametro e perciò capaci di vedere meglio e più lontano nell'universo. Spettroscopi, lastre fotografiche e altri strumenti ausiliari, nel secolo scorso hanno reso più efficaci i cannocchiali e i telescopi per l'indagine del cielo. Dalla metà del nostro secolo il radiotelescopio è venuto a portare il suo contributo all'analisi degli astri e poco dopo satelliti artificiali e sonde lanciati dall'uomo hanno cominciato a vagare nello spazio. Tuttavia, nessuno strumento è capace di fornire immediatamente all'uomo una misura, o anche una semplice stima, della distanza a cui si trova l'oggetto celeste verso il quale è diretto. Proprio per questo, le stelle ci sembrano tutte a un'eguale distanza da noi e le giudichiamo appartenenti a una superficie sferica che rivolge a noi la sua concavità. A occhio nudo, soltanto la Luna e il Sole presentano un disco chiaramente riconoscibile. Un modesto telescopio  permette di osservare abbastanza facilmente il disco (molto più piccolo) di Venere, Marte, Giove e Saturno e intuitivamente ci si  rende conto che questi astri devono essere più vicini. Ma le stelle restano dei punti anche quando le guardiamo o le fotografiamo con i più potenti telescopi e  sembrano tutte alla stessa distanza. Stando fermi in un punto della Terra e osservando il cielo per una notte intera, lo vediamo ruotare: molte stelle scompaiono verso occidente, altre stelle sorgono da oriente; il Sole, che era tramontato sotto l'orizzonte verso ovest, ricompare a est il mattino successivo. Viaggiando di notte verso sud, lungo un meridiano terrestre, possiamo veder comparire sopra l'orizzonte (e proprio verso sud) stelle prima invisibili; contemporaneamente altre stelle scompaiono sotto l'orizzonte, in direzione nord. Quanto più rapido sarà il viaggio, tanto più evidente sarà il fenomeno; ma già gli antichi lo avevano notato, e noi possiamo vederlo bene stando comodamente seduti nella sala di un planetario. Le osservazioni precedenti portano alla conclusione che il cielo è una sfera e non una semisfera; ma questo l'uomo lo ha capito abbastanza presto, mentre per molti secoli si è discusso il valore da attribuire al raggio della sfera celeste. Soltanto in tempi relativamente recenti (la prima misura di una distanza stellare è del 1838) è stato possibile dimostrare che il problema non aveva senso e che la superficie sferica sulla quale le stelle sembrano infisse è una pura apparenza. Il cielo non è assimilabile all'involucro di un pallone: quello che vediamo è l'intero volume del pallone, occupato da stelle che si trovano a distanze molto diverse da noi, anche se i nostri sensi non ci consentono di cogliere intuitivamente tale realtà. I sensi ci ingannano poi anche in un altro modo, dandoci l'impressione di occupare proprio il punto centrale del pallone, o dell'universo.
 

Magnitudini Stellari Apparenti
 

Il concetto di grandezza o magnitudine stellare è uno dei tanti che abbiamo ereditato dagli antichi. Il loro ragionamento era semplice: se tutte le stelle sono alla stessa distanza da noi (sulla superficie interna del pallone che ha per centro la Terra) e tutte sono composte di una medesima materia incorruttibile, che quaggiù sulla Terra non esiste, le. stelle più luminose devono necessariamente essere le più grandi. Fino all’inizio dell'età moderna, qualcuno preferì quest'altra ipotesi, che portava alla stessa conclusione: la sfera celeste è una superficie opaca con tanti fori che ci permette di vedere la luce dell'empireo; ogni foro è una stella e una stella più luminosa è anche più grande, perché corrisponde a un foro di diametro maggiore. In base a queste concezioni, le stelle vennero raggruppate in sei classi di grandezza: la prima grandezza comprendeva le più luminose mentre nella sesta rientravano le stelle appena percettibili a occhio nudo, in una notte senza Luna e lontano da sorgenti luminose. Oggi sappiamo che la quantità di luce che ci perviene da una stella, oltre che dal suo volume, dipende essenzialmente da due altri fattori: la temperatura alla superficie della stella e la sua distanza da noi. Si dovrebbe quindi rigettare il criterio usato dagli antichi, ma la classificazione delle stelle in relazione alla loro luminosità torna conveniente in molti casi. Perciò si è convenuto di rispettare la tradizione, chiamando magnitudine apparente quella che gli antichi chiamavano grandezza; con il termine "magnitudine", di sapore latino, si richiama l'attenzione sul fatto che non ci si riferisce alle dimensioni effettive ma alla luminosità dell'astro; con l'aggettivo "apparente" si sottolinea che le stelle vengono classificate come ci appaiono e non come sono in realtà.
 
 

Costellazioni
 

Sulla volta celeste le stelle sembrano raggrupparsi a formare curiosi disegni. Tuttavia, salvo casi piuttosto rari, tra le stelle che formano una costellazione non esiste alcun legame; le costellazioni, cioè, non hanno alcuna realtà fisica Immaginiamo di sospendere al offitto di un grande salone, con fili di lunghezza diversa, tante lampadine. Gironzolando per il salone le vedremo da prospettive diverse; le vedremo avvicinarsi, aggrupparsi, separarsi, disporsi secondo disegni schematici continuamente variabili e non baderemo troppo a questi disegni. Se invece, per un lungo periodo di tempo, siamo costretti all’immobilità in un punto del salone, finiremo con l'interessarci agli schemi tracciati dalle lampadine; cominceremo a immaginare figure di nimali, di mostri, di oggetti e così via; e finiremo con l'assegnare un nome a ciascun gruppo per individuarlo rapidamente, soprattutto se dobbiamo parlarne con il nostro vicino. La stessa cosa succede per le. costellazioni: le singole stelle sono come le lampadine nel salone. In realtà, sia le stelle sia la Terra si muovono; ma le. distanze sono tali che occorrono alcune decine di migliaia di anni perché una costellazione si deformi, modificando sensibilmente il suo disegno schematico. Nel corso della sua vita l'uomo vede sempre lo stesso disegno; una deformazione in realtà avviene, ma è troppo ridotta perché il nostro occhio sia in grado di coglierla. L'espressione "stelle fisse", coniata dagli antichi e ancor oggi usata molto spesso, si riferisce a questa caratteristica di apparente indeformabilità delle costellazioni. Naturalmente quando le comunicazioni erano rare, civiltà diverse hanno dato nomi diversi al medesimo raggruppamento di stelle. I greci vedevano un'Orsa dove i romani vedevano un Carro e i cinesi una Padella; nelle medesime sette stelle gli egizi vedevano la Zampa posteriore di un bue e gli ebrei uno strumento per la monda del grano, il ventilabro. Nel nostro secolo colle comunicazioni molto più frequenti e facili, si è imposta l'unificazione dei nomi e una delimitazione precisa delle costellazioni; così nel 1928, gli astronomi si sono accordati sul nome di 88 raggruppamenti che coprono tutta la sfera celeste. I nomi scelti per le costellazioni sono, per quanto possibile, quelli derivanti dalla tradizione greca che, attraverso i romani e gli arabi, ha influenzato tutta la cultura europea. D'altra parte i greci avevano trasferito in cielo alcuni dei loro miti più belli. Per esempio quello di Callisto, amata da Giove e tramutata in orsa: l'Orsa Maggiore. O quello di Berenice che sacrifica la sua Chioma per avere salvo il marito dalla guerra, come raccontano Callimaco e Catullo o  quello di Cassiopea vanitosa, costretta da Nettuno a incatenare la figlia Andromeda a uno scoglio. Dalle acque emerge un mostro marino (la Balena) per divorare Andromeda, ma sopraggiunge dal cielo il cavallo alato Pegaso, con Perseo in groppa; Perseo pietrifica il mostro con la testa di Medusa (la stella Algol) e libera Andromeda, mentre non molto lontano l'insignificante Cefeo, il marito di Cassiopea, assiste pallido e smarrito a tutta la vicenda. Le costellazioni continueranno per sempre a ricordarci queste e altre favole.
 
 

Coordinate Celesti
 

 Gli astronomi, come i geografi, stendono un reticolato di meridiani e paralleli sulla sfera celeste per stabilire la posizione degli astri. Un reticolato di questo genere prende il nome di "sistema di riferimento" e la posizione di un punto sarà data mediante due "coordinate" Sulla terra, il reticolato viene tracciato in un'unica maniera, immaginando tanti cerchi che passano per entrambi i poli (meridiani) e tanti cerchi chi perpendicolari ai precedenti: il maggiore di questi ultimi
cerchi sarà l'equatore e tutti gli altri saranno i paralleli Per stabilire la posizione di un punto sulla superficie terrestre occorre scegliere arbitrariamente un meridiano di riferimento (e per convenzione è stato scelto il meridionale passa per Greenwich), mentre fra tutti i paralleli quello che per le sue caratteristiche si propone come riferimento fondamentale è l'equatore (oltre a essere il parallelo più lungo, divide il globo terrestre in due semisfere praticamente uguali). Le. coordinate di un punto sulla superficie della Terra sono la longitudine, misurata da O a 180 gradi (partendo dal meridiano di Greenwich e andando verso est. o verso ovest fino a raggiungere l'antimeridiano di Greenwich), e la latitudine, misurata da O a 90 gradi (partendo dall'equatore e andando verso il polo nord o il polo sud). Operazioni del tutto analoghe portano a stabilire le. coordinate celesti, ma in questo caso la scelta del sistema di riferimento consente una maggior arbitrarietà. Per esempio, si può assumere come cerchio base quello dell'orizzonte e tracciare tanti paralleli a questo cerchio: in tal caso i meridiani passeranno tutti per lo zenit della località e scenderanno da questo punto (che possiamo individuare prolungando idealmente fino alla sfera celeste la direzione indicataci da un filo a piombo) fino a incontrare perpendicolarmente la linea dell'orizzonte dopo aver descritto un arco di 90 ° oppure il cerchio di base può essere quello che passando attraverso la Via Lattea la separa in due parti uguali (equatore galattico); in questo caso tutti i meridiani passeranno per i poli galattici. Il sistema più comunemente usato dagli astronomi consiste  nelle coordinate equatoriali celesti, ascensione retta e declinazione, utilizzate in quasi tutti i cataloghi stellari per indicare la posizione degli astri. Esse sono in un certo senso analoghe rispettivamente alla longitudine e alla latitudine geografica e sono determinate in un sistema che si può considerare come la proiezione sulla sfera celeste del sistema di riferimento che usiamo sulla Terra. Se immagino di prolungare l'asse di rotazione terrestre fino a incontrare il cielo, troverò due punti allo zenit dei poli terrestri; li indicherò col nome di polo nord e polo sud celesti e tutti i meridiani tracciati idealmente sulla sfera celeste in questo sistema di riferimento passeranno per i due poli. Se poi immagino di estendere all'infinito in tutte le direzioni il piano dell'equatore terrestre, determinerà sulla volta del cielo un cerchio che chiamerò equatore celeste in maniera analoga potrò successivamente tracciare tutti i paralleli celesti, che saranno la proiezione sulla volta celeste dei paralleli terrestri. Ora, per completare l’analogia con le operazioni compiute dai geografi,  resta da scegliere arbitrariamente fra tutti i meridiani quello che voglio considerare come fondamentale (l'equivalente del meridiano di Greenwich). Determinando con opportune osservazioni il moto apparente del Sole fra le stelle per un anno intero, potrò tracciare sulla sfera celeste una linea inclinata rispetto a tutti i cerchi fin qui disegnati. Questo nuovo cerchio, che viene chiamato eclittica con evidente riferimento alle eclissi, giace per metà sopra e per l'altra metà sotto l'equatore celeste (non è assolutamente corretto parlare di "sopra e sotto" in astronomia, ma anche dicendo "settentrionale e meridionale" si impiega una convenzione simile e sicuramente meno intuitiva). L'eclittica, dunque, interseca l'equatore celeste in due punti che si dicono equinoziali, perché nei due giorni dell'anno in cui il Sole viene a trovarsi in tali punti la durata del dì risulta uguale a quella della notte per ogni località terrestre. Per essere precisi, il dì e la notte sarebbero uguali se l'atmosfera della Terra non intervenisse a modificare le. osservazioni allungando di alcuni minuti il periodo di permanenza del Sole al di sopra dell'orizzonte, in ogni caso i giorni degli equinozi sono gli unici due giorni dell'anno in cui il Sole illumina contemporaneamente i due poli terrestri, mentre in tutti gli altri giorni illumina soltanto o l'uno o l'altro polo. Nel suo moto apparente lungo l'eclittica, il Sole transita per i punti equinoziali il 21 marzo (o il giorno prima) e intorno al 23 settembre di ogni anno: nel primo caso lo vediamo passare da sotto a sopra l'equatore celeste, e in quello stesso giorno per gli abitanti dell'emisfero boreale terrestre comincia la primavera. Gli astronomi antichi (che vissero tutti nell'emisfero settentrionale) attribuirono a questo punto un'importanza speciale e stabilirono che il meridiano passante per i due Poli celesti e per questo punto equinoziale fosse il meridiano fondamentale nel sistema di riferimento. Per completare l'argomento sarà opportuno aggiungere che il punto equinoziale attraversato dal Sole in marzo viene indicato con diversi nomi. Lo si designa talvolta semplicemente come "equinozio di primavera", anche se il passaggio del Sole per questo punto segna l'inizio dell'autunno per gli abitanti dell'emisfero terrestre australe; lo si indica poi con il nome di "punto vernale", perché vernalis in latino vuol dire primaverile; viene detto ancora "primo punto d'Ariete" perché più di duemila anni fa si trovava nella costellazione zodiacale dell'Ariete, mentre oggi è nei Pesci e fra non molti anni, a causa del moto di precessione, entrerà nella costellazione dell'Acquario; infine viene indicato come "punto gamma", perché il simbolo con cui si rappresenta la costellazione dell'Ariete è abbastanza simile alla lettera gamma dell'alfabeto greco minuscolo. Qualunque sia il nome attribuito a questo punto equinoziale, resta il fatto che da questo punto si contano le. coordinate equatoriali celesti: l'ascensione retta (analoga alla longitudine geografica) si misura da O a 360 gradi, o più comunemente da 0 a 24 ore, partendo dal meridiano passante per il punto gamma; la declinazione (analoga alla latitudine terrestre) si misura da O a 90 gradi partendo dall’equatore celeste e andando verso l'uno o l'altro polo; si indica col segno positivo nell'emisfero celeste boreale, col segno negativo per i punti dell'emisfero australe. Anche gli altri sistemi di riferimento usati dagli astronomi richiedono convenzioni simili.
 

Bibliografia
B. Accordi, E. Lupia Palmier, M.Parrotto
Il globo terrestre e la sua evoluzione,
Zanichelli  Bologna,1997
I.Neviani, C.Pignocchino Feyles,
Geografia Generale,
Sei Torino, 1998
 


Last Updated: Marzo-13-1998
Web Author: Michele Sacchetti
Web Assistent : Giovanni Vaccari
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