ANNALES AB EXCESSU DIVI AUGUSTI

I

VIII. Nihil primo senatus die agi passus est nisi de supremis Augusti, cuius testamentum inlatum per uirgines Vestae Tiberium et Liuiam heredes habuit. Liuia in familiam Iuliam nomenque Augustum adsumebatur; in spem secundam nepotes pronepotesque, tertio gradu primores ciuitatis scripserat, plerosque inuisos sibi sed iactantia gloriaque ad posteros. Legata non ultra ciuilem modum, nisi quod populo et plebi quadringenties tricies quinquies, praetoriarum cohortium militibus singula nummum milia, urbanis quingenos, legionariis aut cohortibus ciuium Romanorum trecenos nummos uiritim dedit. Tum consultatum de honoribus; ex quis qui maxime insignes uisi, ut porta triumphali duceretur funus Gallus Asinius, ut legum latarum tituli uictarum ab eo gentium uocabula anteferrentur L. Arruntius censuere. Addebat Messala Valerius renouandum per annos sacramentum in nomen Tiberii; interrogatusque a Tiberio num se mandante eam sententiam prompsisset, sponte dixisse respondit, neque in iis quae ad rem publicam pertinerent consilio nisi suo usurum uel cum periculo offensionis: ea sola species adulandi supererat. Conclamant patres corpus ad rogum umeris senatorum ferendum. Remisit Caesar adroganti moderatione, populumque edicto monuit ne, ut quondam nimiis studiis funus diui Iulii turbassent, ita Augustum in foro potius quam in campo Martis, sede destinata, cremari uellent. Die funeris milites uelut praesidio stetere, multum inridentibus qui ipsi uiderant quique a parentibus acceperant diem illum crudi adhuc seruitii et libertatis inprospere repetitae, cum occisus dictator Caesar aliis pessimum aliis pulcherrimum facinus uideretur: nunc senem principem, longa potentia, prouisis etiam heredum in rem publicam opibus, auxilio scilicet militari tuendum, ut sepultum eius quieta foret.

VIII. Nella prima adunanza del Senato di nessun argomento permise che si trattasse, fuorché delle estreme onoranze di Augusto, il testamento del quale, portato dalle Vestali, nominava eredi Tiberio e Livia. Livia entrava a far parte della famiglia Giulia ed assumeva il nome di Augusta; al secondo posto Augusto aveva collocato i nipoti e i pronipoti, al terzo, per ostentata vanità e per desiderio di gloria, i principali cittadini, per quanto nella maggior parte invisi a lui. I lasciti non eccedevano la misura di un privato, se non che allo Stato ed alla plebe lasciò quarantatre milionì e cinquecentomila sesterzii, mille a ciascun soldato delle coorti pretorie, cinquecento a ciascun soldato delle coorti urbane, trecento a testa al legionari o agli appartenenti alle coorti del cittadini romani. Si deliberò poi intorno agli onori funebri, tra i quali i più appariscenti furono quelli proposti da Gallo Asinio e da Lucio Arrunzio: l'uno suggerì che il feretro passasse sotto l'arco trionfale, l'altro che le iscrizioni delle leggi promulgate da Augusto e I nomi delle genti vinte da lui precedessero il funerale. Valerlo Messala aggiungeva che si dovesse rinnovare ogni anno a Tiberio il giuramento di fedeltà; interrogato da Tiberio se avesse avanzato quella proposta per suo incarico, rispose di averla manifestata di spontanea iniziativa e che nelle questioni che riguardavano il pubblico interesse egli non avrebbe seguito altro consiglio se non i1 suo proprio, anche a rischio di incontrare sfavore: non era rimasta più altra forma di adulazione se non questa. I padri gridavano tutti ad una voce che il corpo dovesse esser portato al rogo sulle spalle del senatori. Cesare li esonerò con arrogante modestia e con un editto raccomandò al popolo che, come una volta aveva turbato con manifestazioni di eccessivo entusiasmo i funerali del dìvo Giulio, così non facesse ora e non volesse che Augusto fosse cremato nel foro, piuttosto che nel campo di Marte, che era la sede stabilita. Nel giorno del funerale i soldati furono schierati come a presidio, tra i motteggi di coloro che o avevano visto o avevano sentìto ricordare dai padri quel giorno di ancor acerba schiavitù e di libertà senza alcun frutto riacquistata, quando l'uccisione di Cesare dittatore ad alcuni appariva un atto magnifico, ad altri il peggiore che si potesse compiere: ora era ben necessario un presidio militare a proteggere la sepoltura di un principe vecchio, che lungamente aveva regnato e che aveva anche provveduto i suoi eredi di forze ad opprimere lo Stato.

|