IL MOTO PER OCKHAM


Mentre Aristotele aveva concepito in termini astratti il movimento come il realizzarsi di una "forma", ossia come passaggio dalla potenza all'atto, Ockham tende a ridurre il movimento in generale al movimento del singolo corpo, che solo l'esperienza ci rivela.
Contrariamente alla teoria aristotelica dei luoghi naturali, non è possibile dedurre l'esistenza del movimento dalla semplice esistenza di un corpo e di un luogo: essa andrà constatata nell'esperienza.Partendo da questa teoria generale del movimento Ockham passa ad analizzare la questione del "moto dei proietti" sul quale fin dall'antichità erano state avanzate diverse spiegazioni.
Secondo la teoria della "antiperistasi", l'oggetto scagliato dalla mano abbandona il luogo dello spazio ove era posto, lasciandolo vuoto. Dal momento che la natura aborre il vuoto, l'aria retrostante si precipita a colmarlo, imprimendo all'oggetto scagliato sempre nuove spinte.
La spiegazione di Aristotele era basata invece sul movimento meccanico dell'aria circostante: il gesto di scagliare un oggetto provoca il movimento dello strato d'aria circostante, che trascina con sè l'oggetto mosso, sino a quando il movimento impresso all'aria si esaurisce.
Ockham ritiene invece che l'oggetto scagliato diventi, nel suo movimento, "motore di se stesso". Contravvenendo cioè ad un assioma fondamentale dell'aristotelismo egli perviene quasi ad anticipare la moderna formulazione del "principio di inerzia".



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