Il caso, le immagini, i sogni

di Francesco Franci














torna indietro

 

Si possono recensire centinaia di, se pur "corte", opere di cinema? ma comunque si possono vedere tutte?
La ovvia risposta è no.
Ciò accade normalmente nei festival, ma in un festival dove le opere durano mediamente 10 minuti, non solo non si può, ma forse nanche si deve...

Dipende da quando ci capiti, da cosa ti ha incuriosito sul mastodontico catalogo.
Ma soprattutto dipende dal caso.
Una dada-visione, non di parole, ma di film-video in libertà. Allora l'angoscia di non vedere "tutto", e poi di poterne parlare, ti abbandona.

Descrivere il Festival Arcipelago di cortometraggi e nuove immagini (a Roma dal 31 maggio al 7 Giugno 2002) sarebbe come voler descrivere un territorio in scala 1:1 Nel caso del territorio ne verrebbe fuori una mappa uguale, sovrapponibile al territorio stesso. Nel caso del festival, in certi casi la descrizione scritta/parlata sarebbe più lunga, più vasta, dell'opera stessa.

Il caso, quindi, prende il sopravvento, e ti fa vedere cose che ti piacciono e cose che non ti piacciono, cose che hai capito (o credi) e cose che probabilmente non hai nemmeno capito, cose che ti stupiscono e cose che ti lasciano indifferente. Come in una serie di sogni di una sola notte, dove ti sembra di aver vissuto ore e ore di storie, accadimenti, paure...

E allora? Descrivere i sogni di tutti gli autori, di tutte le vicende narrate o rappresentate? No, i sogni bisogna farseli da soli. Il Festival va semplicemente, casualmente, seguito. Tutto qui.
E ne vale la pena, perché non capita spesso (o quasi mai) di poter vedere piccole opere intense di tanti autori, italiani e non; di fruire di tante suggestioni visive o narrative, tutte assieme (per quanto ce la si faccia a stare tutto il giorno a saltare da una sala all'altra).

Però, sul web, è bene parlarne, stimolare e incuriosire tutti su questo vasto arcipelago di opere corte, ma non per questo non valide.
Del resto la tv ed ora ancor più il web, ci hanno abituato alla velocità dell'immagine. al valore della sua concisione, a pensare spesso che certi spot televisivi sono molto più belli di tanti film o opere televisive.
Al contrario degli spot pubblicitari però nelle opere corte c'è più spazio per la libertà, meno bisogno di stupire a tutti i costi, più spazio per l'anima e per i démoni che la abitano. Pochi minuti per dire una cose che vanno dette e percepite in pochi minuti.

Una sala romana (e nelle altre città) solo per i corti alimenterebbe questo gioco della visione aleatoria, del caso che ti rivela cose meravigliose, e opere inutili. Un posto dove lasciarsi andare all'ozio dell'immagine, senza il bisogno di percepire-capire a tutti i costi.
Come quando si vaga distrattamente per Roma o per Parigi, e si scoprono, non volendo, sempre cose nuove. Dove la curiosità accompagna l'ozio, ed assieme vegliano sognando.